Monday, July 12, 2004

Torino quando è spazzata dal vento è meravigliosa.

Il cielo diventa profondo, le montagne vicinissime.
Venerdì sera, era così che abbiamo aspettato “Chi tiene polvere spara”, il rabelot musicale organizzato da Vinicio Capossela, sul palco della Pellerina insieme a Flaco Jimenez per circa un’ora, preceduti dal Trio Ribot e seguiti da Shane MacGowan, exPogue sopravvissuto a sé stesso.

Non dico niente di Capossela, grandissimo sul palco più ancora che per le belle canzoni per l’esecuzione perfetta, nitida come il cielo sopra il palco.

Non dico niente di Jimenez e del suo quintetto dal Texas, anche loro notevoli per la pulizia delel note, l’allegria, la perfetta esecuzione di "Prenda de l’alma".

Non dico niente del Trio Ribot, spalla di Tom Waits, perché troppo ignorante per parlarne.

Dico invece di Shane MacGowan, perché eravamo al concerto per lui, eravamo lì per vedere se stava bene, come un amcio perso da tanti anni e di cui hai sentito raccontare le peggio cose.
Nelle foto ci sembrava ingrassato, ma ingrassato bene, bianco e roseo come un sano irlandese del ’58 deve essere, e tuttavia avevamo tanta paura di vedere sul palco il fantasma dello Shane dell’88, quello che piantò il tour italiano perché non più in grado di tenere il palcoscenico.

Paura superata: di fronte a un pubblico di giovanissimi, quasi tutti ignari della sua storia, Shane ha commosso per l’energia e la voglia di cantare. Ci ha fatto tremare, con l’inizio incerto di “If I should fall…”: c’è stato un momento in cui la musica e la voce non amalgamavano la canzone.
Ma dopo questo esordio stonato, il resto è andato giù liscio e forte come gin:
“Dirty Old Town”
“The Irish Rover”
“A pair of Brown Eyes”
“Stream of whiskey”

La voce è inconfondibile, pura come se non fossero passati tanti anni.
Il gruppo è quasi inesistente, di fronte a tanta personalità.

Fa niente: ci basta sapere che stai bene, Shane, ci sei mancato.

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