La tastiera è bloccata perchè certe cose come fai a scriverle, anche se sono stemperate in una quotidianità che alla fine potrei definire quasi serena, in un'altalena tra momernti felici e disperati che ti spezza il fiato.
Sabato mattina diluviava, faceva freddo, alle 10 era ancora buio, Cecco insonne. Insomma, non era la mattina giusta. Ho fatto colazione con la mia ziona crapa pelata che per dieci minuti non ha fatto che ripetere il mantra che "nessuno guarisce dal cancro, quando hai il cancro sei finito, non c'è nessuno che si salvi". Ad libitum. La capisco, ha bisogno di sfogarsi e di lasciarsi andare un po', è dura lottare quando tutti, in buona fede, ti dicono che va tutto bene, che guarirai, che il problema non esiste.
Ma l'avrei annegata nel caffelatte.
Il cancro di una persona che ami ti spiazza, ti blocca, non sai più come prenderla, la soffocheresti di dolcezza oppure l'ammazzeresti quando si autosconfigge. E alla fine non dici niente, finite il vostro caffelatte e andate a vivere un'altra giornata, che da vivere ce n'è ancora. Si fa una torta, si gioca con questo bambino che ride il sorriso inconsapevole di chi non conosce dolore.
Odio il cancro.
Mi sento così merdaccia a pensarlo adesso, io non ho il cancro.
Io non posso permettermi di essere incazzata, nonme ne sento il diritto, è come se le rubassi la SUA incazzatura: come potrebbero essere paragonabili le nostre sensazioni?
Però lo odio. E adesso che è parte di lei, odio una parte di lei.
Tifo per la chemio, che lo ammazzi fino in fondo.
Il cancro.